Saturno Magazine, Articolo: GHAIDA RADI SOBH

GHAIDA RADI SOBH

GHAIDA RADI SOBH – SIRIA

Ghaida Radi Sobh è una scrittrice, poetessa e ricercatrice sociale siriana, attualmente impegnata in un dottorato in Sociologia dei Media. Lavora come consulente sociale nelle scuole di Damasco e ha pubblicato numerose opere letterarie ed educative in Siria, Egitto e Tunisia, tra cui: Disciplina Educativa: Pro e Contro, La Vita: Il suo Galateo prima delle sue Scienze, Le Agonie delle Lettere nei Dispetti della Memoria (Egitto), e Passi sul Sentiero della Vita.

I suoi libri sono stati presentati in diverse fiere del libro arabe, e ha ricoperto il ruolo di caporedattrice e collaboratrice in numerose riviste e giornali arabi e internazionali, tra cui: Al-Muhajir in Australia, Voice of Arabs a Londra, Al-Masaa Al-Arabi, Al-Jumhuriya in Egitto, e Barniq in Libia, oltre a pubblicazioni in Tunisia, Yemen e Iraq.

I suoi scritti sono stati elogiati e analizzati da critici in riviste arabe e straniere, e le hanno valso numerosi premi e riconoscimenti nel mondo arabo e a livello internazionale. È stata nominata Miglior Scrittrice in Iraq nel 2013 durante una conferenza culturale a Damasco, e ha ricevuto il titolo di Migliore Scrittrice Araba del 2022 da Al-Masaa Al-Arabi (Egitto) e dall’Unione Afro-Asiatica.

Ha inoltre completato un corso in Giornalismo e Arti in Egitto, al termine del quale è stata nominata Direttrice dell’ufficio del giornale Al-Jumhuriya a Damasco.

AH, MIA PATRIA

Sono io, quella che indugia di notte alle porte delle taverne, rubando ciò che i bevitori lasciano indietro: tasche gonfie, sguardi vuoti fissati sul dondolio di una danzatrice. Ritorno con ciò che le mie mani stringono: è dolore, fresco e intriso di vino? o sostentamento infestato dai fantasmi del desiderio?

I miei figli si abitueranno a ciò che verso nei loro stomaci vuoti, loro che pregano solo di non dimenticare il conto delle preghiere della sera?

Sorseggio tè, stantio e scartato, una bustina avanzata del vicino, gettata via prima che il suo colore svanisse. Intorpidisce il pensiero invece di risvegliarlo, mi culla per poco, finché l’alba mi scuote.

Corro a lavorare nei caffè, torno con del pane, una pagnotta lucida solo di sudore. Tra i fondi della tazza di ieri e le ceneri della fatica di oggi, bevo sia l’acqua del cielo che la fiamma dell’inferno.

Porto il tempo sulla schiena e imploro Dio senza vergogna: che i cuori degli abbandonati si sgretolino, che tornino a cercare l’umanità, pietra dopo pietra costruendo un’arca, giurando che Caino non uccida più Abele.

Inciampo in sonni cifrati, salgo sull’arca, mentre il tetto della casa mi crolla addosso, rovesciato. Mi sveglio ai gemiti di una bambina malata, il suo respiro intriso di fame di misericordia oltre promesse già sepolte.

Mi avvicino, la sua testa scivola, il cuscino nasconde il pensiero di una fine. Sussurra:

“Vieni, bacia le crepe del mio oblio, sfiora i resti del mio volto che svanisce. Sicuramente la rugiada del Paradiso mi ridonerà vita, anche se la mela cade su bare di salvezza, uccisa dall’Atlantico al Mediterraneo. Perché io sono ancora la patria araba.”

PARTORIRÒ UN SETTEMBRE

Partorirò una figlia e la chiamerò Settembre. Crescerà, nutrita dalla virtù, gattonando tra i fiori della primavera, prestando orecchio al tuono di gennaio, ai sussurri dei passanti, alla filosofia dei santi. Berrà l’elisir della saggezza in rima, un nuovo inno all’eternità, ogni volta che il suo respiro sfiorerà le fenditure di quel oscuro fantasma.

All’angolo della ribellione abbandonerà la disperazione, rinuncerà alla corda muta della memoria, riaccenderà il battito, e contratterà con la notte dai balconi dell’amore. Cavalcherà le ombre della devozione per stare al cospetto della pura follia. Si laverà nel santuario della pace, cancellerà i volti dei giorni, e registrerà la sua nascita in mille racconti prima che il nome della salvezza fosse pronunciato.

Disegnerà l’innocenza, sfiderà la passione, sconfiggerà la disperazione, girando attorno ai templi del pentimento e del perdono, abbracciando la perdita per dare vita ai ribelli, per danzare con la vittoria, come una donna inviata dalle chiese dei liberi.

La sua voce, dolce su dolcezza, si risveglia, poi supplica, per rettificare la parola, per difendere il diritto del campo, per reclamare la ricompensa del Misericordioso, per accordare la legge del tempo.

O Settembre, Settembre! Tu che rinunci alle labbra del violino per liberare mille canti per l’umanità, resistendo all’appello del diavolo, nata sulla linea del fuoco, per sapere quando sei parte della riva e quando sei mezza nascosta nella pietà, salendo le querce per indicare la via verso scaffali colmi di Corano, e verso mille coscienze messe da parte per l’umanità.

O Settembre, Settembre! Domanda sublime, fiore che innalza al cielo una preghiera di perdita. Tu insorgi attraverso i giorni, nei labirinti del sentire, riposando sul dente di Muhammad, camminando con la pace di Gesù, stringendo mani, credendo nel bastone di Mosè.

O Settembre, Settembre! La storia non finirà, continuerà, e continuerà…

 

Mettiti in contatto

Fondato da: Francesca Gallello

saturno.magazine@libero.it

(+39) Francesca 3383684998

© 09-2025 Design by Artvision.
All Rights Reserved.