Dr. Md. Hasan Ali
Kazi Nazrul Islam rappresenta una delle voci più distintive della letteratura bengalese, celebre per il suo spirito ribelle, il suo umanesimo e il suo impegno nella trasformazione sociale. Attraverso poesie, canzoni, saggi e altri contributi letterari, Nazrul ha offerto una prospettiva rivoluzionaria sulla letteratura, la musica, la politica e la giustizia sociale. Sotto il dominio oppressivo dell’Impero Britannico, le sue opere sono diventate la voce degli oppressi, ispirando un senso di identità nazionale, coraggio e indipendenza tra i bengalesi. Ancora oggi, in Bangladesh, i suoi ideali — radicati nella libertà, nell’uguaglianza e nella dignità umana — restano profondamente attuali.
Questo studio esamina i contributi letterari di Nazrul nel contesto della coscienza nazionale, dei valori umanistici, dell’eredità islamica e del risveglio socio-politico. Attraverso analisi testuale, contestualizzazione storica e interpretazione tematica, si dimostra come le opere di Nazrul continuino a fungere da forza di resistenza contro la tirannia, l’ingiustizia e il degrado morale nella società. Lo studio sostiene che comprendere i contributi poliedrici di Nazrul sia essenziale per interpretare le dinamiche culturali, sia storiche che contemporanee, del Bangladesh.
Parole chiave: Kazi Nazrul Islam, letteratura bengalese, ribellione, coscienza nazionale, umanesimo, eredità islamica, libertà, Bangladesh, resistenza coloniale, identità culturale
Il poeta Kazi Nazrul Islam è ben lontano dall’essere una figura letteraria ordinaria; è considerato uno dei più eminenti poeti del Bangladesh. Celebrato popolarmente come il “Poeta Ribelle”, gli è stato conferito il titolo di Poeta Nazionale in riconoscimento del suo contributo impareggiabile alla letteratura bengalese.
La sua ascesa coincide con un periodo in cui il popolo del subcontinente indiano, sotto il dominio oppressivo dell’Impero Britannico, subiva gravi forme di sfruttamento e cercava la liberazione attraverso i movimenti indipendentisti. Fu proprio in questo contesto storico che Nazrul compose opere fondamentali come Bidrohi (Il Ribelle), Proloyollash, Kheya Parer Taroni, e canzoni come Shikol-Pora Chhal Moder Ei Shikol-Pora Chhal e Durgom Giri Kantar Maru, che ispirarono sia la lotta per l’indipendenza sia le generazioni successive di combattenti per la libertà in Bangladesh.
Il genio letterario di Kazi Nazrul Islam può essere considerato un dono unico, intrecciato con il contesto storico e culturale della sua epoca. Un’analisi della letteratura bengalese mostra che, in contrasto con le tendenze materialistiche prevalenti tra i suoi contemporanei, l’opera di Nazrul incarnava una visione umanistica distintiva.
Nato il 24 maggio 1899 e scomparso il 29 agosto 1976 alle ore 10:10 presso il PGI (oggi Sheikh Mujibur Rahman Medical University) — corrispondente all’11 Jyoishtho 1306 e al 12 Bhadra 1383 del calendario bengalese — visse settantasette anni e tre mesi. Sebbene abbia partecipato attivamente alla creazione letteraria per soli ventitré anni (dal 1919 al 1942), lasciò un’impronta indelebile nella letteratura bengalese, dimostrando talento multidimensionale e versatilità artistica.
La sua straordinaria capacità creativa, unita alla ricchezza delle esperienze vissute, gli permise di infondere nelle sue opere raffinatezza estetica e dinamismo rivoluzionario. Questa notevole integrazione tra vita e arte ha reso Nazrul una figura trasformativa nell’evoluzione della letteratura bengalese moderna, stabilendo una traiettoria letteraria distintiva e contribuendo a una fondazione storicamente significativa. Attraverso la sua produzione, sfidò le superstizioni radicate e attraversò tutti i generi letterari. Nazrul introdusse ideali rivoluzionari nell’azione, ribellione nella gioventù, armonizzandoli con i principi islamici, l’egualitarismo e una concezione elevata dell’amore e della moralità. Questo gli permise di contribuire in modo significativo a una tradizione letteraria che trascendeva i confini religiosi e sociali.
L’identità poliedrica di Nazrul abbraccia non solo la poesia, ma anche prosa, teatro, saggi, traduzioni, letteratura per l’infanzia, composizione musicale e lirismo. Eppure, nel suo nucleo più profondo, rimane poeta — poeta ribelle e poeta della coscienza nazionale. Il suo sviluppo intellettuale e artistico occupa una posizione speciale nel panorama culturale e psicologico del Bangladesh. La discussione che segue esamina la rilevanza contemporanea degli studi su Nazrul, nel contesto della sua eredità duratura nella madrepatria.
Analizzare Nazrul nel contesto del Bangladesh significa inevitabilmente confrontarsi con gli aspetti più sottili della letteratura. Finora non è stata condotta alcuna analisi esaustiva delle realtà complesse del Bangladesh, del suo popolo e del suo ambiente naturale, in quanto elementi che hanno influenzato la vita e l’opera di Nazrul. Gli studi esistenti sono stati minimi, frammentari e in gran parte superficiali. Di conseguenza, la critica letteraria, la valutazione artistica, l’analisi del talento o le discussioni sulla rilevanza non sono emerse come preoccupazioni principali; l’attenzione si è concentrata prevalentemente sull’impatto delle opere di Nazrul sul Bangladesh o sul loro ruolo come fonte d’ispirazione.
Per affrontare la questione del perché Kazi Nazrul Islam rimanga rilevante nel Bangladesh contemporaneo, è significativo ricordare che oltre cinquant’anni fa, Sheikh Mujibur Rahman riportò il poeta malato nel paese, su ordine del Governo dell’India. Sheikh Mujibur Rahman prevedeva che Nazrul sarebbe diventato una figura centrale per il Bangladesh, poiché lo considerava un visionario portatore di ideali.
Giunto in Bangladesh durante l’infanzia, Nazrul instaurò un legame profondo con il popolo e il paesaggio naturale. Negli anni successivi, visitò il paese in diverse occasioni e per motivi vari, risiedendo in quasi venticinque distretti.
Nel 1926, accompagnato da Abdul Qadir, Nazrul si recò a Joydebpur e compose la poesia Joydebpurer Pothe, pubblicata successivamente con il titolo Chandni Rate. Quel giorno, in una semplice aula scolastica, si immerse in onde complesse di emozione, separazione e dolore. Nazrul era un poeta di passione, emozione, giovinezza, vitalità, forza e progresso. Un poeta di amore, umanità, bellezza e fraternità. Eppure, gli ideali per cui era stato accolto come visionario rimangono in gran parte inattuati. Le ragioni che lo rendevano rilevante in passato sono oggi ancora più urgenti e significative.
Quando un paese è oppresso da un regime autoritario, abbracciare gli ideali fondamentali della poesia Khoka’r Shadh di Nazrul diventa un dovere per ogni cittadino. Il poeta dichiara:
“Sarò l’uccello del mattino, mi sveglierò per primo nel giardino dei fiori.”
Ora è il momento di sorgere con slancio inarrestabile per costruire uno Stato e una società liberi dallo sfruttamento. Indipendentemente dalle appartenenze politiche, attraverso l’unità nazionale, è necessario armonizzarsi con la voce del poeta e proclamare:
“Dov’è Gengis, dov’è Mahmud di Ghazni, dov’è Kalapahar? Spezzate ogni serratura e porta dei loro templi! Chi osa chiudere la casa di Dio? Ogni porta resterà aperta, colpite con martello e mazza!”
Le fonti storiche mostrano che figure come Gengis Khan o Mahmud di Ghazni, pur essendo considerati eretici, non esitarono a colpire i templi dell’oppressione. Nazrul, invece, invoca la liberazione della casa di Dio e la punizione di chi assale l’Islam. La nazione e il sistema che Nazrul immaginava non si sono mai realizzati, né in India né in Bangladesh. Tuttavia, seminò il potenziale rivoluzionario tra le masse lavoratrici.
Nella poesia Kulimjur, cantando le lotte degli oppressi, il poeta esprime in linguaggio di resistenza:
“Il giorno propizio si avvicina, i debiti accumulati devono essere saldati! Coloro che hanno frantumato montagne con martello e mazza, le cui ossa giacciono lungo il sentiero scavato, coloro che ti hanno servito, operai e facchini, coloro che hanno portato polvere sui loro corpi sacri, sono umani, sono divini, cantate le loro canzoni! Sul loro petto ferito sorge una nuova alba!”
La nuova alba diventa simbolo rivoluzionario e riflesso dell’insurrezione degli oppressi. Qui, il poeta immagina la costruzione di una nuova società, in opposizione al vecchio ordine decadente, celebrando il trionfo di un ideale coltivato. Nazrul sottolinea che non bastano i movimenti per ottenere la libertà; è necessaria un’azione decisiva, anche armata se occorre.
Nella poesia Obhijan (26 luglio 1926, Narayanganj), Nazrul invita i cercatori di libertà a intraprendere una missione per costruire una società ideale, cantando con forza all’alba:
“Non sopportare tanta ingiustizia, o grande! Gli oppressi non possono più sopportare, né subire umiliazione.”
Nazrul descrive il risveglio, la lotta e l’insurrezione degli oppressi in modo senza precedenti. Il poeta interroga l’ingiustizia di un mondo in cui i doni naturali concessi da Allah — il cielo e la terra fertile — sono nelle mani dei tiranni:
“Chi lega l’oppressione con le tue mani donate? Le cui leggi incatenano il mio movimento libero? Esistono fame e sete, la mia vita resiste, anch’io sono umano, anch’io sono grande! Sotto di me c’è la mia lingua, questo collo rigido! Ho spezzato le catene della mente, ma restano quelle delle mani.”
Qui, Nazrul proclama la vittoria eterna della libertà e dell’unità nell’insurrezione degli oppressi. Supera il conflitto settario tra induismo e islam, traendo ispirazione da lotte globali come la Rivoluzione bolscevica in Russia e l’ascesa del nazionalismo in Turchia. Come Poeta Nazionale del Bangladesh, incarna una critica profonda all’ingiustizia e all’arbitrarietà. Pur anticipando tempeste rivoluzionarie, ha anche cantato l’uguaglianza e gli ideali laici — principi che risuonano nel Bangladesh post-indipendenza come manifestazione di resistenza contro l’oppressione coloniale.
Sebbene l’ideologia ribelle sia formalmente consacrata nella poesia e nelle recitazioni di Nazrul, la sua rilevanza e il suo impatto continuano a farsi sentire profondamente, rappresentando una delle esigenze più alte della nostra epoca. Nazrul non si è mai sottomesso a una filosofia politica o a un dogma ideologico specifico. Per coloro ossessionati dalla promozione del laicismo, è interessante notare che la sua poesia Qurbani (pubblicata in Muslim Bharat, Bhadra 1327 e inclusa in Agnibeena), scritta in risposta al saggio Aj Eid di Tariqul Alam (Sabuj Patra, Shravan 1327), non si allinea agli argomenti di Alam, ma cerca piuttosto di illuminare il vero significato del sacrificio attraverso un ritmo in sei battute.
Per Nazrul, Qurbani non è semplice uccisione; è “adesione alla verità” (Satya-graha) e “liberazione della forza”. Nel 1912, Mahatma Gandhi avviò il suo movimento nonviolento e il Satyagraha in Sudafrica, in risposta all’umiliazione subita dalle popolazioni nere. Nel 1919, durante le proteste contro il Rowlatt Act in Champaran e Gujarat, e tra il 1920 e il 1922, il Movimento di Non Cooperazione raggiunse il suo apice in India. L’uso del termine Satya-graha da parte di Nazrul in Qurbani si ispira direttamente a queste lotte politiche contemporanee.
Nazrul disprezzava la codardia e la timidezza. Percepì il saggio di Tariqul Alam come un’apologia della passività e, in risposta, affermò una visione più vigorosa e intransigente:
“Si alza il suono, un richiamo lontano— Oggi è il sacrificio del massacro! Le teste dei martiri sono oggi supreme! Il Misericordioso non è anche feroce?”
Qui, Nazrul sottolinea che le sole preghiere non bastano; è necessaria anche un’azione decisa e vigorosa. Rafforza il messaggio con l’imperativo: “Byas! Chup khamosh rodan!” — usando la parola persiana khamosh per zittire il lamento passivo. Gli echi dei sacrifici passati risuonano nella crisi presente:
“Oggi la mia forza si risveglia: uccidi, dona vita, dona testa, dona vitello—ascolta.”
Nella filosofia creativa di Nazrul, il passato non è commemorato per la sua gloria, ma per rivitalizzare il presente, per realizzare verità e libertà. Se la lotta richiede battaglia, non c’è paura; se si versa sangue, che sia così. Sebbene il cammino non sia semplice né facile, il sacrificio e il coraggio restano indispensabili per raggiungere la liberazione e la giustizia.
Nella regione sud-occidentale dell’Asia, circondata da deserti, mari e oceani, si trova una terra antica e storicamente significativa, patria di città sacre che hanno ospitato comunità caldee, semitiche, ebraiche e cristiane, ciascuna con i propri idoli e centri di culto. In mezzo al degrado morale dei suoi contemporanei, in questa terra nacque nel 570 d.C. il Profeta Muhammad (pace su di lui), messaggero dell’umanità e guida universale. Risvegliò la coscienza spirituale e storica del suo tempo con gioia e determinazione. Contro la rigidità dell’ortodossia religiosa, fondò l’Islam in modo universale e benefico per l’umanità.
Nazrul descrive con grande sensibilità la vita del Profeta — dall’infanzia all’adolescenza, dalla giovinezza alla morte — nella poesia Fateha-i-Dawaz Dahum, catturando l’essenza dell’ideale profetico:
“Nai ta-j Tai la-j O musulmano, adorna le palme da dattero!”
Questa poesia si rivolge a coloro che, pretendendo di rappresentare il divino, si abbandonano a sacrifici umani o si esaltano nel potere, agendo al di fuori dell’ordine divino sotto il pretesto della tolleranza religiosa, dichiarando guerra alla giustizia. Nazrul, da musulmano, non ha mai sostenuto l’ortodossia rigida, né ha permesso che la sua fede fosse distorcibile da pratiche opportunistiche.
Attraverso la poesia Rokhkhaner Rakt, Nazrul offre una critica diretta e potente al laicismo, all’oppressione straniera e alle autorità domestiche codarde. In Proloyollash, immagina la distruzione della tirannia fascista e parla ai giovani con parole di speranza per l’alba di una nuova era. In Bidrohi, celebra il rifiuto di sottomettersi, l’esplosione della personalità individuale e il giuramento di cancellare la spada dell’oppressore dalle grida dei perseguitati.
In Raktambaradharin Ma, evoca l’immagine di una dea che sconfigge i demoni, invocando la distruzione dei tiranni. Allo stesso modo, Agomoni rappresenta l’annientamento degli eserciti demoniaci e il trionfo delle forze giuste. Qui, i demoni e gli dei di Nazrul simbolizzano gli agenti umani dell’oppressione — coloro che commettono violenza, saccheggi, rapimenti e ingiustizie, erodendo la moralità.
In opere come Dhumketu, Kamal Pasha, Ranabheri, Shat-il-Arab, Kheya Parer Taroni, Qurbani e Agnibeena, il poeta celebra il coraggio della verità, la lotta spirituale e fisica per la libertà creativa, e il trionfo dell’anima combattente. Queste opere sono pietre miliari, testimonianze di svolte storiche e del potere trasformativo della coscienza rivoluzionaria.
La tempesta (jhor) è uno dei simboli più cari a Nazrul. Per lui, tutte le forme di distruzione — inondazioni, carestie, epidemie e catastrofi — sono sottomesse al comando divino. Coloro che possono deviare il corso di una tempesta in un istante rappresentano ingiustizia, oppressione e tirannia, strumenti di sottomissione. Eppure, Nazrul esprime la sofferenza della sua patria come un dolore personale:
“In questo flauto velenoso, la mia madrepatria oppressa ha suonato venti note, E su di me, il Creatore ha scatenato ogni forma di crudeltà e oppressione.”
Nei giorni di angoscia, la chiamata alla rivoluzione risuona dalle profondità dell’esistenza. L’assenza di dubbio è una caratteristica distintiva della giovinezza di Nazrul. In poesie come Sandhya (dedicata alle forze fiscali e ai leader eroici dell’Esercito della Pace di Madaripur, Bhadra 1306/1929), illumina la gloria e il vigore della sua giovinezza. Anche dopo l’indipendenza, descrive la lunga oscurità della sottomissione come un crepuscolo:
“Alla porta orientale, Sarbari si risveglia, Vergognosa che il sole sia tramontato nella nostra codardia, Cerco pentimento per questo grande peccato attraverso i secoli… Il crepuscolo non passerà? Quante vite si devono vivere per saldare il debito di una sola?”
Nazrul si chiede se:
In tutta la sua produzione dedicata all’Islam, al mondo musulmano e al Medio Oriente, Nazrul risveglia ideali spirituali profondi, capaci di energizzare il presente. Il motivo delle catene (jingir) ricorre come simbolo dell’oppressione. Nelle poesie che fanno riferimento agli antichi stati islamici o agli eroi militari — come Khaled, Chiranjib Jaglul, Amanullah e Umar Farooq — Nazrul si ispira all’eroico patrimonio dell’Islam, elevando le sue opere tra le più significative della tradizione letteraria bengalese.
Il poeta Kazi Nazrul Islam rappresenta uno degli sviluppi intellettuali più straordinari tra i bengalesi, e si erge come esempio supremo della creatività bengalese. L’impronta indelebile che ha lasciato nella letteratura e nella musica testimonia naturalmente l’ampiezza e la profondità del suo genio poliedrico.
Tuttavia, per coloro che cercano di distorcere Nazrul sotto la maschera di un’identità laica, l’iniziativa revisionista su Nazrul funge da correttivo necessario. Non si deve sminuire la ricchezza divina della sua opera attraverso interpretazioni errate o manipolazioni.
I contributi straordinari di Nazrul si estendono allo Stato, alla società, alla cultura e alla politica, così come all’eredità religiosa e culturale della sua fede. È impossibile per qualsiasi commentatore o studioso catturare pienamente la ricchezza della sua storia creativa in un breve arco di tempo.
L’impegno con l’opera di Nazrul dovrebbe funzionare come una rivelazione della libertà stessa — illuminante, emancipatrice e profondamente ispiratrice.
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