Ci sono amori che non si consumano, che non si dichiarano, che non si bruciano.
Ma restano. Come il profumo di un giardino, come il suono di una voce che si ricorda dopo anni.
L’età e il tempo non fermano l’amore. Lo proteggono.
Lo fanno crescere in silenzio. E poi, un giorno, lo lasciano fiorire.
Con tenerezza, ALAR
Caro ALARE, non so se questa è una vera lettera d’amore. Forse è solo un ricordo che non ha mai smesso di battere. Ma tu, che ascolti i cuori silenziosi, saprai cosa farne.
Avevo quindici anni, vivevo con mia madre vedova in una casa modesta. Facevo la baby sitter ai bambini del vicinato, e ogni giorno passavo davanti a una villa abbandonata, sulla collina. Una casa che sembrava uscita da una fiaba triste. Poi, un giorno, fu acquistata da un ricco industriale. La ristrutturarono, la resero splendida. E lì dentro viveva un bambino di sette anni, Albert, costretto su una sedia a rotelle. Lo vidi per la prima volta parcheggiato su un marciapiede, lasciato lì dalla cameriera come fosse un oggetto. Mi avvicinai. Gli chiesi il nome. Lui rispose piano, come se avesse dimenticato il suono della propria voce. Poi, quando un cane nervoso si avvicinò, mi misi davanti a lui, lo difesi. Non disse nulla. Ma qualcosa si accese.
Qualche settimana dopo, mi chiamarono alla villa. Cercavano qualcuno che facesse compagnia al bambino. La cameriera mi guardò con sufficienza. La madre di Albert, elegante e distante, mi disse che ero troppo giovane. Ma Albert, che non parlava da anni, disse: “Voglio lei.”
Da quel giorno, entrai nella sua vita. Lo facevo ridere, lo ascoltavo, lo trattavo come un bambino vero. E lui, piano piano, tornò a vivere.
Poi arrivò la telefonata. Albert doveva partire per l’America. Un’operazione. Una speranza. Ci salutammo con le lacrime agli occhi. Lui era innamorato di me. Io non lo dissi. Ma tornavo spesso nel giardino della villa, anche quando era vuota, anche quando lui era lontano.
Passarono dieci anni. Albert tornò. Camminava. Era diventato un uomo. E quando mi vide, nel giardino dove io tornavo a cercarlo senza saperlo, mi disse: “Irene, sei tu.”
Ci siamo aspettati. Ci siamo tenuti nel cuore. E ci siamo ritrovati. Nella villa che ci aveva visti nascere, soffrire, sperare.
Ci siamo sposati. E ogni giorno, quando lo guardo, so che l’amore non ha età. Non ha tempo. Ha solo attesa.
Con affetto, Irene
Fondato da: Francesca Gallello
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