**POEMA NERO e L’IMMAGINE DEFORME di Alessio Miglietta: Un Viaggio nelle Ombre dell’Anima**
Il poeta romano Alessio Miglietta (1984), un autore indipendente, continua il suo cammino decennale di esplorazione e innovazione, dimostrando che la scrittura, e in particolare la poesia, rimane oggi un potente strumento di metamorfosi, elevazione e risveglio.
Nel 2023, dopo anni di sviluppo e rifiniture, Miglietta ha dato alla luce *POEMA NERO*, un'opera monumentale che, con oltre 500 pagine, si erge come un urlo potente contro i mali dell'uomo moderno. Questo testo, insignito del Premio Letteratura Italiana Contemporanea 2023 e di vari altri riconoscimenti, invita a riflettere, a confrontarsi con i propri abissi, e a riscoprire la luce in un mondo sempre più avvolto nelle tenebre.
Non è semplicemente un libro, ma un’esperienza totale che avvolge il lettore, sfidandolo a guardarsi dentro. Attraverso versi intensi e immagini evocative, l’autore affronta temi attuali e concettuali come l'alienazione, la solitudine, la ricerca d’identità e la crisi dei valori. Con uno stile unico e inconfondibile, Miglietta cattura l’attenzione e scuote le coscienze, confermandosi una voce fuori dal coro.
Parallelamente, l’autore annuncia l’uscita della sua nuova silloge poetica, *L’IMMAGINE DEFORME*, un progetto visionario realizzato in sinergia con la prestigiosa Ensemble Edizioni di Roma.
Questa raccolta chiude una sorta di “trilogia in versi” iniziata anni fa (dopo aver debuttato con un’antologia di racconti e un romanzo) con *REQUIEM DI VITE E AMORI*, che sin dal principio intendeva esplorare le distorsioni della realtà e la ricerca di un senso, offrendo uno sguardo originale e provocatorio sul mondo che ci circonda, ma soprattutto sull’emozione.
Dopo un florilegio alternativo e impegnato, seguito da un vero e proprio poema, con *L’IMMAGINE DEFORME* l’autore prosegue il suo viaggio di esplorazione e sperimentazione, sottolineando la necessità di una sorta di rivoluzione nel campo artistico.
Mi chiedo quanto tempo abbia sognato
perdendomi nel blu come un bambino,
perdendomi nel cielo più stellato.
Solo un distacco, immobile e vicino.
Ma adesso so che posso respirare
e offrire la mia bocca a un buon vino.
Immerso nei pensieri tengo il conto
di tutte le promesse mantenute,
e poi, lucidamente, le raffronto
con cose mai sognate e mai potute.
E ora, forse, posso realizzare
di essere migliore. Idee argute.
Quest’è la porta che divide mondi
alla scoperta di sé stessi, un viaggio
che mira agli universi più profondi
verso l’identità, verso il coraggio
e il proprio scopo lungo un’esistenza.
Accanto c’è un canale di passaggio:
percorso che attraversa varie scene,
ognuna delle quali rappresenta
le sfide da affrontare, dure o amene,
abbraccio che protegge e che spaventa.
Appena oltre, un muro d’apparenza
e di disuguaglianza per chi ostenta.
Qui troveremo una città perduta:
un labirinto di strade tortuose,
macerie di una mente trattenuta
da bui palazzi cinta, e alcune rose
cresciute indifferenti tra le rocce,
forse disorientate, mai confuse.
Le vibrazioni al suolo fan tremare
gli arcobaleni disegnati d’oro
e pure le lezioni da imparare.
Motivazioni, evoluzioni in coro
creano equilibri con il contagocce
nascosti quasi fossero un tesoro.
E proseguendo lungo una discesa
dove si muove ognuno con fatica,
un deserto di ghiaccio: una distesa
in cui cercar riparo o faccia amica,
dal freddo intenso, da paura e angosce
algenti come l’idea più pudìca.
Moti di crescita spirituale
che portano a rinascita emotiva.
Battuta dalla pioggia torrenziale
conoscerà ragioni alla deriva
che la ragione stessa non conosce,
spontanea e fresca come acqua sorgiva.
Infine una foresta fitta dove
il buio eterno e denso si fa sorte,
in cui si estende uno sguardo che piove
tra alberi dalle forme contorte
e un sole ormai incapace di filtrare.
C’è un unico conforto, ossia la morte.
DI SEGUITO ALCUNI BRANI TRATTI DAL CAPITO 2 E 3
Osservo questo viso scavato
Ombre profonde cadono come pioggia di novembre
Con rispetto e meraviglia, come fossi un altro
Penso ai giorni felici, le risate, l’amore
Ora svaniti, come foglie al vento sgretolate
Tento di difendermi da questo disastro
Da questa nausea che non è solo fisica
Ma quasi una guida astrale
Nel labirinto di specchi, le personalità si confondono
Vecchie strade si allungano in curve impossibili
E mi portano all’uomo che oggi rinnego
IX.
In un riflesso sfocato dai vapori della doccia
Mi perdo nel vuoto che c’è intorno a me
Nel mistero di un aspetto rubato a uno scheletro
Il passato è un fiume che corre, senza riva né foce
Dov’è che mi sono perso, in questa distruzione?
Non vedo la luce, non sento chiamare il mio nome
Nel silenzio di fuoco, mi perdo nell’uomo
Specchio che mi hai tradito
Restituiscimi un’ultima volta
Il me di dieci anni fa
Nella notte in frantumi, cerco ancora il mio volto
Tra nere poesie e un’eterna domanda
Quando hai deciso di ucciderti in questo modo?
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