Di Rizal Tanjung
I
Ai margini delle mura scrostate di Gerusalemme,
il sole inciampa su frammenti di storia nascosta.
I venti del deserto incidono ferite sulla schiena della sabbia,
e Gaza — un pugno di cenere al margine della mappa —
diventa una nota a piè di pagina nella geografia del potere.
Bambini nati da grembi oscuri
imparano l’alfabeto dai residui della polvere da sparo,
disegnando stelle non nel cielo
ma sui muri delle prigioni — col sangue.
II
Alcuni scrivono poesie d’amore dietro le finestre,
mentre i generali tracciano traiettorie di missili
con penne di pelle di coccodrillo.
In stanze climatizzate, i decisori
sorseggiano vino da calici a forma di proiettile,
abbinando le coordinate dei bombardamenti
al ritmo dell’inno nazionale.
La diplomazia è ormai solo un profumo costoso
spruzzato sui cadaveri.
III
Gli ordini sono incantesimi
scritti nella sabbia con le baionette.
La pace è soltanto una probabilità
quando l’altra voce tace —
o viene fatta tacere dalle mine.
Guarda la città:
tetti come petali caduti con le stagioni,
moschee come grotte senza Dio,
ospedali diventati labirinti di ossa e acciaio —
qui nulla guarisce dopo le esplosioni.
IV
I cadaveri non hanno bisogno di passaporti.
I bambini schiacciati non hanno ideologia.
La madre che scava la terra con le mani nude
non sta scegliendo un partito politico —
sta cercando frammenti del corpo di suo figlio
sepolto con sogni di scuola.
È il silenzio una sconfitta?
O i morti sono partiti troppo in fretta
per sapere da che parte stavano?
V
Dietro le tende degli hotel a cinque stelle,
la “pace” è recitata come una preghiera svuotata di senso.
Intanto a Gaza,
il cielo si stanca d’essere cielo —
diventa il soffitto di un obitorio a cielo aperto.
Dicono: “Siamo vicini a un cessate il fuoco.”
Ma gli orologi dei caduti sono rotti,
i loro secondi scandiscono solo una nota:
un urlo arrivato troppo tardi per essere registrato.
VI
Dove non ci sono firme,
le bombe diventano punteggiatura,
i proiettili lettere maiuscole.
I rapporti di avanzamento sono stampati sulle rovine delle città.
“Obiettivi raggiunti,” dice un ufficiale,
indicando scuole ora ridotte a scheletri d’acciaio.
Nei loro uffici, la vittoria
è una presentazione PowerPoint macchiata di sangue.
VII
Ogni fazione solleva Dio come un’arma,
lo infila negli slogan,
lo piega in preghiere frettolose.
Dio — se non è già fuggito —
forse è accovacciato sotto l’ultimo ulivo,
piangendo mentre il suo nome viene impresso sui mortai
e caricato nei droni.
Ascolta ancora?
O le esplosioni della propaganda gli hanno assordato le orecchie?
VIII
Questa guerra è per sopravvivere,
o solo per assicurarsi che altri moriranno?
È questa terra così sacra
da richiedere sangue come acqua santa?
Si può ancora festeggiare una vittoria
quando tutto ciò che resta è silenzio
e macerie che sussurrano:
“Nessuno torna umano da qui.”
IX
Gaza è ormai un almanacco dell’apocalisse,
ogni giorno aperto con urla,
chiuso con il conteggio dei corpi.
La pioggia non cade più dal cielo
ma dai droni —
che gocciolano fuoco e metallo su melograni in fiore.
Nessuna poesia è abbastanza lunga
per ricucire le ferite di questa terra.
Nessun sermone abbastanza sacro
per sollevare vite dalle macerie.
X
Se la pace è una promessa eternamente infranta,
allora la guerra è un impiego eterno
con indicatori mensili di prestazione.
Gaza non è una città —
è Morte S.p.A.:
Divisione Esplosivi, Dipartimento Trauma,
Amministratore Delegato: Paura.
Qui la verità è sepolta viva
tra cavi fusi e ossa minuscole.
I morti non possono più chiedere:
“Qualcuno ha combattuto per noi?
O eravamo solo numeri nelle infografiche del telegiornale?”
Scritta su una terra che odora ancora di cenere di guerra,
Sumatra Occidentale, 2025
Rizal Tanjung, nato a Padang (Sumatra Occidentale), è un affermato regista, artista, poeta e critico. Ha iniziato la sua carriera artistica nel 1975 e fondato il Moeka Theatre nel 1979 (poi divenuto Old Track Theatre). Ha diretto oltre 60 opere teatrali in Indonesia e scritto sceneggiature, racconti, poesie e saggi culturali. È stato alla guida di istituzioni artistiche come il Moeka Theatre, l’Old Track Theatre e l’FK-METRA di Padang. Collabora con enti pubblici e associazioni culturali come consigliere, giurato e curatore d’arte. La sua opera è centrale per la tutela e l’innovazione dell’arte e cultura Minangkabau.
A cura di Angela Kosta – Giornalista, poetessa, saggista, editrice, critica letteraria, traduttrice e promotrice culturale.
Fondato da: Francesca Gallello
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