Kushal Poddar è un poeta, scrittore e giornalista nato e cresciuto a Kolkata (Calcutta), India, in quella che fu una città coloniale britannica. Ha iniziato a scrivere versi all’età di sei anni e ha scelto l’inglese — la sua seconda lingua — come mezzo espressivo per “sognare” e superare i confini culturali e linguistici. Ha pubblicato dieci libri tra raccolte poetiche e prosa, tra cui:
The Circus Came To My Island
A Place For Your Ghost Animals
Scratches Within
Kleptomaniac’s Book of Unoriginal Poems
Eternity Restoration Project – Selected and New Poems
Herding My Thoughts to the Slaughterhouse: A Prequel
Le sue poesie sono state tradotte in dodici lingue e pubblicate in riviste e antologie internazionali, tra cui Van Gogh’s Ear, Men In The Company of Women, e Penn International MK.
È stato editor della rivista online “Words Surfacing”
Ha partecipato a programmi radiofonici in Canada e negli Stati Uniti
Ha collaborato con fotografi per mostre a Venezia e con artisti per pubblicazioni audio
È stato coinvolto nel movimento internazionale “Woman Scream”, che promuove la poesia come strumento di denuncia contro la violenza sulle donne
È membro del collettivo poetico Rhythm Divine, attivo a Kolkata
Oltre alla scrittura, Kushal Poddar lavora come avvocato presso l’Alta Corte di Calcutta. È anche padre di una bambina, illustratore e appassionato di arte visiva.
“La poesia è uno strumento per arrestare l’infinito, per ritrarlo sulla tela dell’esperienza personale. Limitare l’illimitato, così che la nostra sete e il nostro desiderio restino eterni: è per questo che scrivo.” — Kushal Poddar
Non ti sei più ubriacata dal duemilaventi,
lo so.
Hai detto che l’ultima volta sei inciampata
dentro te stessa
cercando la tua essenza tra condotti e corridoi di viscere.
Stanotte,
mentre bevo acqua dal frigorifero,
ti immagino smarrita in una foresta vicino al resort dove hai fatto il check-in con un’identità falsa.
Ti immagino litigare con la tua ombra.
L’hai lasciata in una stanza aperta,
sei corsa via nella penombra.
Lo sapevi, e ora lo so anch’io: saresti andata bene comunque,
perché era tutto un elaborato gioco di ruolo
L’allagamento arriva in città.
Soffriamo, finché la sofferenza non diventa amore,
finché non vediamo nient’altro che petali, arancio e cremisi,
trascinati in torrente verso la grata.
L’acqua indossa il colore dei ricordi,
e per quanto io cerchi di evitarla,
devo avanzare a fatica, in equilibrio,
se voglio raggiungerti e lasciare che il tuo flusso di memorie sommerga le mie.
Dopo un po’ smetti di parlare.
Scostiamo le tende di pioggia.
Tutto ciò che vediamo è un muro.
Corre tra le proprietà del dolore e del piacere.
L’anestesista dice: “Questi minuti potrebbero essere i migliori della tua vita.”
Il cielo trattiene un coltello lucente nel giorno in cui dimettono mia madre.
Vicino all’auto si alza da sola dalla sedia a rotelle. Un dolore, in fondo alla schiena, porta ancora il residuo del sonno.
Mi chiede prima che lo faccia io: “Come stai?”
Cosa può cambiare in così poco tempo?
“Una vita.” Non lo dice. Perché io non lo chiedo.
Opera in copertina : Kushal Poddar
Fondato da: Francesca Gallello
© 07-2025 Design by Artvision.
All Rights Reserved.