Saturno Magazine, Articolo: ATTESA CHE PROFUMA DI FESTA

ATTESA CHE PROFUMA DI FESTA

L’attesa che profuma di festa

C’era un tempo in cui l’attesa di una festa era magica quanto il giorno stesso. Da bambini, bastava sapere che una ricorrenza si avvicinava per sentirne già il calore, l’emozione, il profumo. L’attesa era fatta di sogni, di immaginazione, di piccoli gesti che preparavano il cuore.

Oggi, invece, viviamo le feste come tappe da attraversare in fretta. A settembre già pensiamo ad Halloween, e prima ancora del 2 novembre le vetrine si riempiono di addobbi natalizi, panettoni, calze della Befana. Subito dopo l’Epifania, ecco il Carnevale, e poi la Pasqua con le uova e le colombe già sugli scaffali. Le feste si rincorrono, si sovrappongono, si consumano.

Ma non è solo una questione di calendario. Anche i momenti privati , matrimoni, compleanni, nascite,  diventano occasioni da celebrare prima ancora che accadano. Appena si sa il sesso di un bambino, si festeggia. Certo, festeggiare è bello. Ma dov’è finita la pausa, il respiro, il tempo per pensare?

Viviamo così frettolosamente che anche le ricorrenze perdono il loro sapore, il loro senso, la loro tradizione. Una volta, fare l’albero di Natale a novembre era impensabile: novembre era il mese dedicato ai defunti. L’albero si addobbava l’8 dicembre, e il 2 novembre aveva un significato profondo, rispettato in ogni paese.

Nel mio, in Calabria, i bambini andavano di casa in casa chiedendo: “Mi fate i morticelli?” e ricevevano castagne, mandarini, qualche monetina, e a volte un dolcetto. Era una tradizione viva, semplice, felice. Oggi non si fa più, forse per vergogna, per paura di essere giudicati “poveracci”. Eppure, vestirsi da streghe e zombie per Halloween è considerato attuale, moderno, accettabile.

Allora mi chiedo: perché mantenere vive le tradizioni di altri paesi e dimenticare le nostre? E come possiamo alzare la voce contro chi arriva da lontano, temendo che influenzi la nostra cultura, se siamo noi i primi a non proteggerla?

Forse stiamo davvero dando i numeri. Forse abbiamo bisogno di tornare all’attesa. All’attesa che profuma di festa. All’attesa che ci insegna a vivere, non solo a celebrare.

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