Saturno Magazine, Articolo: ANA PETROVIC

ANA PETROVIC

 

Ana Petrović – Voce poetica tra abisso e rinascita

Ana Petrović è nata nel 1985 a Jagodina, in Serbia. Dopo aver completato gli studi presso il liceo e la scuola di medicina, ha intrapreso un percorso poetico che l’ha portata a essere pubblicata in numerose riviste internazionali e a comparire in antologie mondiali di poesia contemporanea.

La sua scrittura è intensa, viscerale, spesso attraversata da immagini forti e simboliche che esplorano il dolore, la memoria, la spiritualità e la lotta interiore. Le sue poesie sono un duello costante tra luce e ombra, tra desiderio e redenzione.

Tra i suoi riferimenti letterari più amati spiccano due giganti della poesia russa: Vladimir Majakovskij, con la sua forza rivoluzionaria e il linguaggio tagliente, e Sergej Jesenin, cantore dell’anima contadina e della malinconia esistenziale. Da entrambi Ana eredita la capacità di trasformare il tormento in bellezza e la parola in testimonianza.

 

 

Duello

Vago tra le tempeste,

 le distanze sfidano,

 il grido del cuore rovente come maledizione d’un infante.

Il fuoco non conosce quiete,

 come lo sguardo d’un’imperatrice,

alla guancia non si addice l’oltraggio impolverato.

Quell’oltraggio l’inferno esalta,

 inciampa il desiderio sull’ingranaggio della passione,

tra gli uragani del peccato ansima per fuggire,

la ragione impone briglie al piacere devastante.

Alla brama dell’anima si frantuma la pietra,

essa seduce col desiderio verso cenere mortale.

Respira la vicinanza decapitata della morte, nel mio passo ne sento il fiato.

Nel feroce duello delle forze dell’anima,

si leva la voce di dolcezze indomabili, si spezzano i legami della furia stellare, dalle mie viscere,

una valanga: piacere profano.

Al conoscitore dei cuori chiedo la brocca del perdono,

 un freno al dominio insaziabile che mi possiede,

che sanguini selvaggiamente, che pianga fino alla fine,

 banchetto di vocazione lasciva, inquietudine senza onore.

Gli ultimi saranno i primi

Il primo è l’ultimo, e l’ultimo è il primo. Jadovno,

abisso incandescente, il destino ti scandisce il tempo,

testimoni saranno cuori impauriti,

 fragile stirpe serba e tutto il suo fardello.

La ferocia tuona come un fischio,

l’inferno è salito sulla terra,

i generali minacciano con il piccone,

ossa innocenti si spezzano.

Nella tomba del Velebit,

nella grotta carsica della Lika, sono sepolti pianti,

sospiri, grida. Ma la verità vive, canto di ogni trionfo,

 e l’esercito della Salvezza, zaffiro della nostra gioia.

Un urlo nella valle del pianto scuote le profondità della terra,

la verità è stata recisa dalla lama della spada,

le foglie nascondono il dolore, la testimonianza è legata.

“Aspettiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.”

Nel sangue dei martiri cantano eroi, fianco a fianco,

che i carnefici si raccolgano fino all’ultimo istante—

nemmeno le montagne nere vogliono celarli, l’abisso li denuncia.

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